La chiesa metodista e valdese di Verona condanna duramente gli attacchi sia omofobi sia razzisti che si stanno ripetendo sempre più di frequente nella nostra città. Gesti che sono fondati su una cultura di rifiuto di ogni diversità e sulla violenta omologazione. Come credenti in Cristo Gesù affermiamo l’amore e la cura per ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio.

 

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente.

(I lettera ai Corinzi 13:1-3)

Se parlo o profetizzo senza amore, ciò che dico è irrilevante, lontano. Ma anche se agisco senza amore, ciò che faccio è inefficace, incapace di offrire un vero aiuto. L’amore è dunque, nelle parole dell’apostolo, l’elemento fondante del parlare e dell’agire Cristiani; ma, potremmo aggiungere, è anche il criterio che li unisce, rende unica e coerente la loro testimonianza. L’amore si manifesta in chi parla e in chi opera quando prende sul serio il fratello o la sorella con cui interagisce, i suoi bisogni, le sue domande, le sue paure; quando vi è l’amore, allora vi è un reale incontro fra le persone, oltre il semplice parlarsi, oltre il puro assistenzialismo.

L’amore non è una qualità acquisita una volta per tutte, ma una scelta da compiere ogni giorno con cui rendere evidente la nostra vocazione Cristiana.

Testo proposto dalla Commissione d’Esame sull’operato della Diaconia Valdese CSD al Sinodo 2018

Cosa accomuna due figure tanto distanti cronologicamente? La fede e la “familiarità” con Dio.

Rebecca, Rivka, è la più potente tra le matriarche e tra le donne della Bibbia è quella che parla di più di tutte le altre: lei parla con il servo di Abramo, parla con la propria famiglia e dà il proprio assenso al fidanzamento con Isacco; Riceve la benedizione ancestrale sulla propria discendenza.

Rebecca è l’unica donna della Biblia Hebraica di cui si narri che rivolge un oracolo al Signore e lo interpreta decidendo le sorti di Giacobbe e di Esaù, designando il proprio erede.

Una donna forte, che agisce per salvaguardare la fede ancestrale della propria famiglia e prende decisioni in maniera autonoma. Rebecca e le sue scelte rivelano però una politica conflittuale e nazionalista, che verrà superata dopo lunghe traversie nell’etica di Israele che accoglie anche i figli della straniera come parte del popolo.

Maddalena è “la” discepola di Gesù per eccellenza, colei che “condivide” con lui la testimonianza, lo accompagna fino al Golgota e lo incontra in visione dopo la Resurrezione.

Una discepola che sembra conoscere Gesù e la sua visione anche meglio di Pietro, Andrea e Levi, la cui testimonianza è stata riportata in tantissima letteratura apocrifa e il cui ricordo non è taciuto nel Secondo Testamento a significare il forte contributo e la presenza delle donne al fianco di Gesù.

Pastora Laura Testa

 

LETTURE BIBLICHE:

IL GIOVANE RICCO
(Marco 10,17-31)
17 Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. 19 Tu sai i comandamenti: “Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre”». 20 Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù». 21 Gesù, guardatolo, l’amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va’, vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. 23 Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» 24 I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». 26 Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?» 27 Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio».

28 Pietro gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito». 29 Gesù rispose: «In verità vi dico che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor del vangelo, 30 il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna. 31 Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi».

L’episodio del giovane ricco è riportato da tutti i tre vangeli sinottici; questo indica che per la chiesa primitiva vi era un profondo significato nella mancata vocazione del giovane ricco e nelle domande successive dei discepoli.

Anche per noi oggi, queste parole del vangelo risuonano familiari e rilevanti; chi non ricorda il paradosso di Gesù: “è più facile a un cammello passare per la cruna di un ago che ad un ricco entrare nel regno di Dio”? Se leggiamo la bibbia in maniera letterale, se usiamo i versetti per abbattere chi la pensa diversamente da noi, abbiamo già finito il sermone. Oggi abbiamo imparato che: i ricchi non sono salvati, noi che seguiamo Gesù sì. Semplice diretto e anche gradito alle nostre orecchie! Il messaggio di questo brano del vangelo di Marco però non è questo! Se leggiamo il vangelo così, cercando risposte letterali, meccaniche, semplicistiche, andiamo fuori strada; andiamo dove il nostro orgoglio umano ci porta. Pensate se ricevete una foto sul vostro telefonino e per uno scherzo della trasmissione si vedono solo i piedi della persona ritratta; quelle scarpe non possono rappresentare tutta la persona. Appartengono alla foto, da esse si capisce qualche cosa, ma non saprete certo di chi si sta parlando! Raccogliere dal vangelo le indicazioni stringenti di un solo versetto, ci porta ad usare il vangelo come fosse un manuale di comportamento. Ma nel Vangelo c’è molto di più!

Consideriamo allora tutto il passo. Nel primo quadro, vediamo il giovane ricco inginocchiato davanti a Gesù che lo apostrofa: «Maestro!» Gesù risponde, rifiuta il rapporto di adorazione e guardandolo in viso lo ama. Dopo la vocazione a seguire Gesù, vediamo il giovane ricco allontanarsi con gli occhi bassi e la testa china. Nel secondo quadro, vediamo Gesù attorniato dai discepoli che lo hanno seguito. Gesù li scuote con le sue parole, essi reagiscono fintanto che Pietro sbotta: «ma noi che ti abbiamo seguito avremo di più di chi ti rifiuta?» Due quadri vivaci con la stessa ansia che percorre chi ascolta Gesù: «come otterremo la salvezza?»
Gesù dà una risposta articolata in tre punti:
1) prendi la tua croce e seguimi,
2) quello che per noi è impossibile, per Dio, che è buono, è possibile,
3) molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi.
Queste sono le tre risposte che indirizzano il lettore: seguire Gesù, accettare l’onnipotenza del Padre nei cieli, annunciare il Regno di Dio che rivoluziona la nostra esistenza. Dio chiama tanto i ricchi quanto i poveri, e li raggiunge nel concreto del loro peccato; la bontà di Dio sovrabbonda, alleggerendo le ansie economiche di chi ha un tesoro e dando speranza a chi non ne ha. Il regno si insinua nel tempo che viviamo con aspetti paradossali: fortuna materiale accompagnata da persecuzioni, primi che si comportano come ultimi e ultimi che hanno l’onore dei primi.

Confrontando le domande del ricco e di Pietro con le risposte di Gesù, comprendiamo cosa dobbiamo cambiare nel nostro dialogo con Dio, nella nostra lettura della Bibbia. Davanti alla Parola del Signore, ascoltando il Vangelo, purtroppo, noi pensiamo di essere come al supermercato: prendiamo quel che ci piace e domandiamo solo: «quanto costa?» Vogliamo la salvezza e la prosperità subito e a basso prezzo. La vocazione di Cristo ci raggiunge nel pieno della nostra inadeguatezza, ci accorgiamo che non usciremo dal supermercato avendo sotto braccio un pacco con la scritta «Regno dei Cieli». Dal passo emerge una via di uscita che possiamo percorrere. Gesù ci invita a seguirlo, mostra le difficoltà di questa via, ma ricorda dal primo verso all’ultimo che Dio che è buono ed opera per noi, rende possibile quello che ci sembra impossibile, nella sua onnipotenza rovescia le nostre logiche umane : “molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi”. A noi viene chiesto di seguirlo con una grande fiducia nella sua potenza che rovescia la nostra logica, che rovescia il nostro ordine personale, l’ordine sociale nel quale siamo cresciuti.
Che il Signore ci dia l’intelligenza per scorgere la Sua volontà, l’amore fraterno per metterla in pratica. AMEN

Ruggero Mica

LETTURE BIBLICHE: Gioele 2,28; Giovanni 14,22-27; Atti 2,1-13

Dopo questo, avverrà che io spargerò il mio Spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni.
(Gioele 2,28)

1 Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. 2 Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. 3 Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. 4 Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
5 Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7 E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? 8 Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? 9 Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, 11 tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». 12 Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi l’uno all’altro: «Che cosa significa questo?» 13 Ma altri li deridevano e dicevano: «Sono pieni di vino dolce».
(Atti 2,1-13)

22 Giuda (non l’Iscariota) gli domandò: «Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo?» 23 Gesù gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato.
25 Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi; 26 ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto.
27 Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.
(Giovanni 14,22-27)

Il testo che abbiamo letto oggi, il racconto della Pentecoste, ci narra una vicenda davvero incredibile. Di fronte a episodi di questo genere, noi prendiamo automaticamente le distanze e minimizziamo i fatti. Ma così facendo, li svuotiamo anche di significato e li rendiamo dei racconti edificanti che non hanno più il potere di smuoverci, di convertirci, di farci uscire dal nostro quieto tran tran per annunciare la buona novella. Cerchiamo, quindi, di lasciarci coinvolgere da questo racconto, scopriamo le domande che ci pone e le risposte che ci dà.

Si dice comunemente che a Pentecoste sia nata la chiesa: Luca attraverso questo straordinario racconto vuole farci capire in primo luogo che solo un evento miracoloso, fuori dalle normali regole, ha permesso la nascita della chiesa. Ma anche che, pur di fronte ad un evento straordinario, l’uomo può continuare a non credere: infatti, anche in quella occasione non tutti i presenti si convertirono. Senza la fede, dunque, non siamo in grado di vedere Dio: qualsiasi sua manifestazione può non essere vista, accolta accettata. E questo, credo che ci capiti abbastanza spesso: quante volte non abbiamo visto e sentito la presenza del Signore? Poniamoci quindi in ascolto, non come se noi fossimo i discepoli (come forse ci verrebbe naturale!): ma dalla parte della folla di Gerusalemme che ascolta l’annuncio. Come reagiamo? Ci lasciamo convertire e trasformare? Siamo uomini e donne nuovi che a nostra volta usciamo a proclamare la buona Novella? Siamo in grado di riconoscere l’azione potente dello Spirito? E’ una nostra esperienza? Oppure siamo semplici spettatori, forse anche dubbiosi? Non rubiamo a noi stessi questa possibilità! Permettiamo al Signore di invaderci, di entrare dentro di noi ed essere realmente il nostro Signore!

Ma cosa era successo quel giorno? Durante la Pentecoste, festa ebraica che cadeva dopo 7 settimane dalla Pasqua e segnava la fine della mietitura, i discepoli erano insieme, probabilmente stavano pregando o parlando tra loro dello straordinario incontro con Gesù che aveva trasformato radicalmente e definitivamente le loro vite. Non erano più angosciati come all’indomani della croce, ma li troviamo ancora al chiuso, all’interno di un luogo conosciuto e rassicurante. Non hanno ancora capito che non basta avere fede, bisogna uscire ed annunciarla al mondo. Ma qualcosa avviene, qualcosa che, improvvisamente, li spinge a uscire, ad andare tra la gente per proclamare la verità di Cristo. Improvvisamente un vento fortissimo li assale. L’immagine del vento è potentissima, perché sappiamo bene che il vento può essere forte e potente, sradicare alberi, portare via il tetto delle case, ma nessuno lo ha mai visto, nessuno lo può fermare o inscatolare. Ed è potentissima questa immagine di una forza che ha un suono, forse un odore, ma non può essere vista, qualcosa che tutti percepiscono con chiarezza, ma che nessuno può davvero descrivere. Una forza che irrompe nella stanza dove i discepoli sono chiusi. E poi il fuoco, forse simile a quello che avevano sentito i discepoli di Emmaus: una forza che li riempie e stravolge e che dà loro la voce che prima non avevano. Da timidi e silenziosi diventano improvvisamente dei testimoni loquaci, e lo sono talmente tanto che Luca non trova un’immagine più efficace che descriverli mentre sono compresi da tutti i popoli. Da tutti i popoli! Tutti li capiscono perché hanno un tal desiderio di annunciare e proclamare il Cristo che trovano il modo per essere ascoltati e capiti. Certo non da tutti, alcuni li prendono in giro e affermano che probabilmente sono ubriachi. Già, ubriachi.

E noi? Noi abbiamo il coraggio di uscire ad annunciare che Gesù ha stravolto e cambiato la nostra esistenza? Non alludo a mettersi a predicare in piazza, parlo dell’annuncio a chi ci sta vicino, a chi conosciamo. Dove sono gli altri membri della nostra stessa chiesa che non vediamo da tempo? Dove sono i nostri ragazzi? Dove sono le persone, e quante ce ne saranno, che a Verona cercano il Signore e ancora non lo hanno trovato? L’annuncio crea sbigottimento, provoca domande, suscita l’ironia, ma è il nostro annuncio, è l’annuncio che il Signore si è manifestato sulla terra, che il mondo non lo ha riconosciuto e lo ha messo in croce, ma che è resuscitato e che siede alla destra del Padre. Questo annuncio è la nostra forza e la nostra liberazione, senza di esso la nostra stessa esistenza cessa di avere senso.
Io credo, fratelli e sorelle, che Luca parli di un evento che trasforma le nostre esistenze in modo radicale e che non deve essere nascosto solo nei nostri cuori: parla di vento, di fuoco, di voci e di discussioni pubbliche. Dobbiamo tornare a questo passo e permettergli di lavorare dentro di noi, perché o troviamo il coraggio di uscire da noi stessi e dalle nostre sicurezze per annunciare al mondo che Dio si è manifestato sulla terra, oppure tradiamo l’annuncio stesso, e anche a noi Gesù dirà, come ai farisei che durante il suo ingresso a Gerusalemme gli chiesero di sgridare e far tacere i suoi discepoli che gridavano Osanna, «se costoro tacciono, le pietre grideranno».
(Luca 19,39-40)