La giustizia e la grazia – Predicazione di Domenica 1 Maggio 2022

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Matteo 20,1-16

1 «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale uscì di mattino presto per assumere dei lavoratori per la sua vigna. 2 Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito di nuovo verso l’ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati 4 e disse loro: “Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che è giusto”. Ed essi andarono. 5 Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. 6 Uscito verso l’undicesima, ne trovò degli altri che se ne stavano là e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?” 7 Essi gli dissero: “Perché nessuno ci ha assunti”. Egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. 8 Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9 Allora vennero quelli dell’undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. 10 Venuti i primi, pensavano di ricevere di più; ma ebbero anch’essi un denaro per ciascuno. 11 Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: 12 “Questi ultimi hanno fatto un’ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e sofferto il caldo”. 13 Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?” 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi».

Predicazione

Care sorelle e cari fratelli,

il brano intorno al quale svolgiamo la nostra riflessione oggi ben si adatta a questo primo maggio, Festa del Lavoro. La parabola degli operai dell’ultima ora parla infatti di lavoro, di salario, di giustizia. Ma parla anche di accoglienza, di grazia.

È una parabola che si sviluppa su più livelli, uno prettamente giuridico, uno sociale ed uno più profondamente teologico.

Vorrei suddividere questa breve meditazione in tre capitoli che chiamerei

  1. Merito e bisogno
  2. Accoglienza ed esclusione
  3. Ricompensa e grazia

Dunque, il protagonista della parabola, il padrone di casa, che possiamo identificare con il Signore, va sulla piazza ed ingaggia dei lavoratori per la sua vigna. Ne trova un primo gruppo all’alba e li ingaggia per un denaro al giorno; ritorna poi altre tre volte nella tarda mattinata, nel pomeriggio e all’imbrunire ed ogni volta prende con sé gli operai che incontra nello stesso luogo e che cercano lavoro promettendo loro un giusto compenso. A sera, finito il lavoro e giunto il pagamento, accade ciò che anche a noi sembra offensivo ed in contrasto con il nostro senso di giustizia.

Come è possibile riconoscere lo stesso salario a chi ha sgobbato l’intero giorno e a chi ha lavorato una frazione di giornata e persino a chi, come gli operai dell’ultima ora, ha curato la vigna per poche ore. Non c’è rispetto per il diritto, per la legge dell’equivalenza per la quale a pari lavoro deve corrispondere pari salario con un criterio di proporzionalità.

Non è quello che il movimento dei lavoratori difende anche oggi 1° maggio? Un giusto salario per il lavoro.

Gesù capovolge questa impostazione, e veniamo al tema merito/bisogno.

Non sappiamo perché i lavoratori della terza ora e gli altri, fino alla nona, non fossero presenti fin dall’alba ad offrire il proprio lavoro. Sappiamo però, e lo sa il padrone generoso, che anche questi hanno famiglia da mantenere, bisogni primari da soddisfare, malattie da curare.

Gesù oppone quindi alla legge del merito, dell’equivalenza, il diritto che nasce dal bisogno e nella parabola l’innalzamento degli ultimi che diverranno primi.

E nel fare questo non viene leso il diritto dei lavoratori della prima ora, che ricevono il compenso pattuito, ma viene riconosciuto il sostegno a chi ha gli stessi bisogni ma meno opportunità.

All’epoca di Gesù tutto questo suonava come un’offesa al senso comune; oggi possiamo considerare la generosità del padrone come una forma primitiva di welfare.

E veniamo al secondo livello, della tensione tra accoglienza ed esclusione

Dinanzi alle rimostranze dei lavoratori della prima ora, il padrone rivendica il suo diritto di fare quel che vuole del suo denaro.

Ho sentito una spiegazione di questo fatta da un noto psicologo che raccontava come in casa, quand’era piccolo, si viveva piuttosto in ristrettezze, e si mangiava carne solo una volta la settimana e quando la mamma faceva le parti gli occhi del bambino eran sempre fissi sulla porzione data a sua sorella. La mamma gli diceva ogni volta “guarda nel tuo piatto!”

Guarda nel tuo piatto, che è un modo di dire diffuso, sembra uno dei significati di questa parabola. Guarda nel tuo piatto e non in quello di tuo fratello che potrà forse avere meno meriti di te ma sicuramente ha gli stessi bisogni. Un invito ad accogliere, a non escludere. Un invito a vincere l’invidia e la gelosia.

L’invidia e la gelosia che ricorrono spesso nella bibbia ed anche tra gli apostoli nella contesa per la gerarchia interna in terra e nel posto che occuperanno nel regno dei cieli. L’invidia e la gelosia che proviamo nelle nostre chiese quando non sentiamo apprezzato e valorizzato il nostro lavoro e la nostra fedeltà quando guardiamo all’accoglienza che viene riservata ai nuovi arrivati da altre comunità o da altre chiese cristiane.

È la gelosia del figlio devoto che si lamenta col padre perché in onore del ritorno del figliol prodigo si fa una festa e si mangia l’agnello migliore. È il risentimento dei primi che non vogliono essere equiparati agli ultimi.

Ricompensa e grazia.

Il Signore è un Dio giusto ma anche generoso e nella visione dell’evangelo la compassione di Dio sorpassa in larga misura la sua giustizia così come la ricompensa del regno dei cieli è frutto della grazia gratuita e unilaterale.

Quello che Gesù sperava, raccontando questa parabola, è che un giorno gli operai della prima ora impareranno a lasciare da parte la loro gelosia e il loro risentimento per un padre così generoso; impareranno che essere al lavoro da molto tempo, può essere a volte faticoso e può sembrare poco gratificante a volte, ma certamente è una benedizione e non una maledizione.

Lavorare nella vigna del Signore, può aver prodotto momenti di fatica, ma ci ha anche permesso di scoprire il senso della nostra vita e la speranza.

Cosa possiamo fare per non essere gelosi, ma per gioire nella consapevolezza che il Signore chiama e accoglie quanti più possibile, fino in fondo, fino a quando il giorno non è finito? Dobbiamo capire – e non è facile – che il ragionamento di Dio è diverso dal nostro!

La nostra idea di giustizia non può incontrarsi con la Grazia di Dio. La sua azione è tutta incentrata sulla Grazia, è sempre gratuita, non richiede il pagamento di ciò che non potremmo permetterci!

Questa è la nostra grande occasione, la nostra fortuna: che Dio non applica i nostri criteri di giudizio e di remunerazione.

Nel nostro mondo per ogni cosa guadagniamo, riceviamo e meritiamo in base a ciò che facciamo e a ciò che siamo capaci di fare. E in questo modo gli ultimi rimangono sempre gli ultimi, perché quando non si ha nessuna possibilità all’inizio, non se ne troverà lungo la strada.

Nel mondo di Dio tutto è Grazia e noi dobbiamo solo imparare a riceverla.

Una volta che abbiamo ricevuto gratuitamente, ciò che non meritiamo, come potremmo ancora essere invidiosi per quelli che arrivano dopo. Una volta che abbiamo ricevuto gratuitamente, capiamo che la dimensione più grande della Grazia è quella di donare, anche di donare sé stessi.

Solo allora potremo rispondere alla sua chiamata e lavorare nella sua vigna, con umiltà e testimoniando l’amore e la speranza che il Vangelo ci ha annunciato.

Amen.

Roberto Mellone

Immagine di Jill Wellington tramite Pixabay