Le origini
L’aggettivo “valdese” prende origine dalla vicenda di un mercante di Lione vissuto nel XII secolo che decise, al termine di una profonda crisi spirituale, di vivere l’esperienza cristiana seguendo l’esempio degli apostoli.

Pietro Valdo
Valdo (probabilmente nella parlata locale Valdés) si fece tradurre ampi brani del Vangelo che leggeva ai suoi amici e, venduti i suoi beni, viveva di elemosine. Nel prendere questa decisione egli non intendeva ribellarsi alla Chiesa, pensava anzi di collaborare al rinnovamento che in quel periodo era ispirato alla riforma di papa Gregorio VII.
Si scontrò invece con la gerarchia perché, prendendo spunto dal Vangelo, esortava la gente a vivere una fede più autentica; cioè lui, laico senza studi, faceva quello che spettava al clero. Espulso da Lione, fu successivamente scomunicato insieme ai suoi seguaci. Non è senza interesse notare che questa vicenda si svolge poco prima di quella, molto simile, di Francesco d’Assisi che il papato riuscì ad integrare nella chiesa. Il movimento valdese raccolse ampi consensi fra il popolo. Pur essendo, come tutti quelli che erano detti “eretici”, oggetto di repressione e persecuzioni da parte dei poteri civili e religiosi, si estese in Europa. Malgrado la difficile situazione di clandestinità e l’azione repressiva dell’Inquisizione, mantenne la sua compattezza.
Le zone in cui i valdesi si impiantarono con maggior consistenza furono le Alpi Cozie, la Provenza, la Calabria e la Germania meridionale. I loro predicatori itineranti erano detti barba (in dialetto “zio”, nel senso di persona di riguardo) da cui “barbetti”, appellativo popolare con cui venivano, sino a tempi recenti, designati in Piemonte. Il movimento, mantenutosi coerente attraverso i secoli dal XII al XVI, centrava la sua testimonianza su due aspetti del messaggio cristiano: la fedeltà al Vangelo e la povertà della Chiesa. La Chiesa cristiana, dicevano i valdesi, si richiama a Gesù: ne deve perciò prendere alla lettera gli insegnamenti rinunciando perciò al potere politico, all’uso della forza ed alle alleanze con le potenze del mondo.
Riformati
Quando sorse in Europa la Riforma protestante i valdesi vi aderirono nel 1532, organizzandosi, con l’aiuto di Calvino a Ginevra, in comunità alternative a quella di Roma, con predicatori locali per il culto e la celebrazione dei sacramenti.

Giovanni Calvino
Il messaggio protestante non fu però accolto solo dai valdesi ma da molti ambienti del Piemonte e di altre regioni d’Italia; qui il cattolicesimo mantenne il suo predominio assoluto grazie solo all’azione della Controriforma e all’appoggio dei principi. La legislazione vigente in Europa all’epoca in materia religiosa, detta del cuius regio et eius religio, prevedeva che la religione del sovrano fosse anche quella dei suoi sudditi. Essendo i sovrani di Francia e Piemonte cattolici, il cristianesimo professato nelle vallate valdesi alpine avrebbe dovuto essere per legge quello cattolico romano.
Sia nel Delfinato francese che nelle aree valdesi del Piemonte gli abitanti rifiutarono di abiurare e si difesero con le armi. Essi rivendicavano il diritto di adorare Dio secondo la propria coscienza ed in questo erano su posizioni molto moderne. Per un complesso di circostanze politiche e militari favorevoli riuscirono ad ottenere il riconoscimento della loro religione in un’area ben definita delle Alpi Cozie, costituendo così un avamposto del protestantesimo europeo a sud delle Alpi. Si trattava però sempre di una concessione revocabile in una situazione precaria e i rispettivi governi, francese e sabaudo, non abbandonarono il progetto di riconquistare queste terre alla fede cattolica. Momento particolarmente tragico si ebbe nel 1655 quando il massacro conosciuto come le Pasque piemontesi sollevò l’indignata protesta dell’Europa e l’intervento dell’Inghilterra di Cromwell. Quando nel 1685 Luigi XIV re di Francia vietò ai protestanti la professione della loro religione, anche le comunità valdesi del Piemonte furono distrutte. Solo poche migliaia di superstiti scamparono rifugiandosi in Svizzera. Rientrarono però dopo tre anni con una memorabile marcia conosciuta come il Glorioso Rimpatrio.
Nell’Italia dell’800
I valdesi partecipano attivamente alla costruzione dell’Italia risorgimentale. Con la fine del ghetto alpino i valdesi si trovarono coinvolti nel processo risorgimentale e vi si impegnarono attivamente, convinti di dover partecipare al rinnovamento del paese non solo sotto l’aspetto politico e sociale ma anche religioso. Per esprimere questo loro impegno i valdesi, come gli altri evangelici, usarono il termine “evangelizzazione”. Parlando di “evangelizzare” l’Italia essi non intendevano fondare una nuova religione, ma, come Valdo, rendere attuale il messaggio dell’Evangelo: diffondere la Bibbia, stimolando la riflessione teologica per un rinnovamento della fede cristiana.

Venditore ambulante della Claudiana ottocentesca
Questa opera di testimonianza fu effettuata a livello di predicazione con l’apertura di sale di conferenze e di locali di culto, ma si espresse anche nel campo dell’assistenza e con particolare impegno in quello dell’educazione. Venne creata una diffusa rete di scuole elementari e si può dire che ogni comunità evangelica ebbe una sede scolastica; il maestro insieme al venditore di Bibbie fu il personaggio tipico dell’evangelismo italiano. Ed accanto alle scuole, convitti, orfanotrofi, scuole di artigianato, altrettanto intenso fu l’impegno nel campo sanitario ed assistenziale con fondazioni di ospedali, ricoveri per anziani, asili. Dopo il 1848 i valdesi non furono però i soli evangelici presenti in Italia. Gruppi di esuli politici che si erano rifugiati in Europa ed avevano conosciuto il protestantesimo, tornando in patria, diedero vita ad una chiesa libera italiana. Giunsero però anche dal mondo anglosassone esponenti di chiese evangeliche, in particolare metodiste che diedero vita con la loro predicazione a comunità in molte parti del paese.
La chiesa valdese oggi
Sparse su tutto il territorio nazionale le comunità valdesi rappresentano una minoranza evangelica significativa. Gli appartenenti alle Chiese valdesi sono oggi in Italia e Sud America in numero di circa 45000; ripartiti in tre gruppi, numericamente molto simili, con caratteri distinti, pur professando la stessa dottrina ed essendo uniti nella stessa organizzazione

Tempio di Torre Pellice in occasione del Sinodo
Le Valli
Il primo gruppo è quello che risiede nelle Valli del Piemonte occidentale, ad ovest di Pinerolo dove le chiese, formatesi all’epoca della Riforma nel XVI secolo, hanno vissuto isolate sino al 1848. Costituiscono tuttora un nucleo di 18 comunità.
Torre Pellice, la cittadina al centro della Valle che De Amicis definì la Ginevra italiana, ha visto crescere nel tempo numerose istituzioni ed edifici, talché è vista oggi come il centro del mondo valdese. Sono stati edificati nel corso del tempo: il Collegio nel 1832 grazie all’intervento del canonico anglicano Gilly , l’ospedale, con il contributo dello zar di Russia e del re di Prussia, il nuovo tempio, la Casa Valdese nel 1889, dove ha sede il Sinodo annuale, le scuole elementari, trasformate ora in Foresteria per soggiorni ed incontri. Ultimo in ordine di tempo è l’edificio del Convitto maschile edificato nel 1922 a ricordo dei caduti della prima guerra mondiale, ora sede del Centro culturale.
L’area valdese ha visto svilupparsi nel tempo una serie importante di opere assistenziali per bambini e persone adulte.
Nel dopo guerra è stato fondato il villaggio ecumenico di Agape che ha rappresentato, in particolare nel periodo della guerra fredda, un eccezionale luogo di incontro e di confronto sui temi della fede nel mondo moderno sia sul versante della politica che del rapporto fra le chiese.
La diaspora italiana
Oltre a questo nucleo i valdesi sono disseminati in tutta la penisola.
Le maggiori città hanno visto formarsi nel tempo una presenza valdese importante: Torino, dove i valdesi poterono, grazie al generale Beckwith, edificare il primo tempio fuori dalle antiche valli. Qui la comunità ebbe subito una consistenza importante sia numericamente che socialmente con istituzioni d’avanguardia, come l’ospedale, l’istituto per ragazzi artigiani, la casa marina. Firenze, altro centro importante anche per la presenza di numerose confessioni protestanti. Qui la chiesa valdese ebbe la sua Facoltà di Teologia dal 1860 al 1922, oltre a iniziative di carattere pedagogico, in parte tuttora esistenti. Esemplare è da considerarsi l’istituto Gignoro per persone anziane.
A Roma i valdesi furono presenti subito dopo il 1870 con due comunità importanti; oggi è diventata centro di cultura con la Facoltà di Teologia. In Sicilia si segnalano a Palermo il Centro La Noce e a Riesi il Servizio Cristiano, due centri impegnati in una testimonianza nel campo sociale. Altre comunità si sono costituite nell’Ottocento o in tempi recenti in zone agricole o piccoli centri. A questi nuclei di credenti si aggiungono però non pochi nuclei familiari o singoli isolati per lavoro, studio, residenza.
Il Sud America
Il terzo nucleo di presenza valdese, anch’esso di circa 15.000 persone, è costituito dalle chiese sudamericane organizzate nella Iglesia Evangelica Valdese del Rio de la Plata. Anche in questo caso la situazione presenta forti analogie con quella italiana: accanto al nucleo compatto delle antiche colonie formatesi nel distretto di Colonia in Uruguay le famiglie valdesi hanno dato vita ad una vastissima disseminazione nelle due repubbliche dell’Uruguay e dell’Argentina. Queste chiese sono parte integrante della chiesa valdese avendo la stessa confessione di fede e le stesse Discipline.
Fonte: chiesavaldese.org